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TRA LUCE E BUIO

Sono tornata alla chiesetta di San Péder, già raggiunta ieri con i ragazzi. Questa volta da sola, attraverso un sentiero diverso, che non passa dal torrente. Il percorso è parecchio in salita tra l'ombra degli alberi e la luce del sole. E' breve ma sento la fatica e l'assenza dei ragazzi. 

Penso a Giulio che tira, con la fretta di arrivare e Giacomo che mi aspetta. Fa il gesto gentile di porgermi la mano se c'è da scavalcare un tronco caduto e chiede aiuto se si trova in difficoltà. Penso al lavoro sui gruppi, al quale ho dedicato una vita. Al ruolo fondamentale di tutti, all'interno di esso. All'ambizioso che vuole arrivare per primo ma che in qualche modo stimola gli altri a salire. A chi è in difficoltà e trova qualcuno che gli porge la mano. 

Questo distanziamento sociale, al quale siamo costretti, mi fa paura. Più del rischio di contagio. 
Di giorno, la natura che mi circonda mi sostiene ma temo il mio ritorno in città, l'impossibilità di stare vicino alle persone come vorrei. 

Sul prato dietro alla chiesetta, l'attività è frenetica, tra il ronzio di coleotteri, mosche e altri insetti. Un micromondo in movimento, molto simile al nostro, quello nel quale ora ho paura di tornare.

Il momento più difficile di questo periodo è la notte. Il buio concentra la paura, gli dà forma e la inietta nel corpo, immobilizzandolo. 
Se non la chiudo in una stanza della mente, la paura si trasforma. Accogliendo i pensieri che mi impediscono di dormire, essi mutano e danno forma a nuove emozioni. Lascio che scorrano, si esauriscano, mi restituiscano il sonno. Almeno questo con il tempo l'ho imparato: a non aver paura della paura, né dell'insonnia. Se accolgo, tutto scorre.
Come le nuvole mosse dal vento che osservavo dal rifugio con Giacomo qualche giorno fa. 
"E' un drago, guarda, apre la bocca. Davvero! Si rompe. Perde la coda. Ora sembra la faccia di un maiale..." 

Sta sopra la nostra testa la mutevolezza della natura, basta alzare gli occhi e guardare il cielo.
Qui ho riscoperto che di notte, se guardo in alto, ci sono le stelle. Quelle che la città, con le sue luci artificiali, ha rubato ai nostri sguardi.