Ho vissuto questa prima settimana in montagna con una sensazione di vacanza. Un assaggio d'estate. L'ascolto personale di cui necessitavo inizialmente si è aperto in uno spazio condiviso con i miei figli maschi.
Dopo questi mesi passati sempre in casa, ora abbiamo in comune il bisogno di camminare, andare, spostarci, muoverci, scoprire nuovi percorsi tra i boschi, meravigliarci di fronte alle metamorfosi della natura, godere dei panorami che la montagna ci offre.
Camminare. Scegliere ad ogni passo dove appoggiare i piedi, uno dopo l'altro. Per rimanere in equilibrio, guidare il peso del corpo in salita, facendo leva su di esso, frenare sulla discesa.
I ragazzi avanzano, giovani e temerari. Io sento la fatica, il battito del cuore che accelera, il sudore che mi bagna la fronte e la schiena, qualche dolore alle anche, alle ginocchia, ma li seguo con piacere nel loro bisogno di proseguire fino a raggiungere una meta, che sia una croce, una chiesetta, un belvedere.
Mi piace guardarli mentre si muovono nella natura. Talvolta con il rimorso di non aver offerto loro più occasioni, anche durante l'anno, soprattutto durante l'infanzia.
Mi piace osservare Giacomo mentre raccoglie i rami caduti per costruire una capanna, correre felice tra l'erba alta, o lasciarsi rotolare su un prato in pendenza. Vedere Giulio preparare il suo zaino con tutto ciò che serve e guidare il trio con il passo lungo e sicuro, con la voglia di sganciarsi, darci distanza, per proseguire da solo, in silenzio, immerso tra i suoi pensieri da adolescente.